Esiste un girone infernale per quelli che, ai concerti, passano il tempo dietro allo smartphone, a fare video di merda e foto di merda che tanto nessuno riguarderà mai.
E la luce del flash e dello schermo che si illumina all’improvviso causa alle persone dietro temporanea cecità e numerose bestemmie.
Questa sete di mostrare sempre al resto del mondo cosa stiamo facendo in tempo reale, e quanto è figa la nostra vita ha lievemente rotto il cazzo, se persino l’artista sul palco ieri ha chiesto di non usare i cellulari almeno per pochi minuti, durante un pezzo bellissimo, intimo e toccante.
E gliene sono stata grata, perché era una delle mie canzoni preferite e ho potuto godermela senza indossare gli occhiali da sole per contrastare il riverbero azzurrognolo degli schermi davanti a me.
Ma godetevi il momento, su.
Siete ad un concerto, quando vi ricapita? Ballate, cantate a squarciagola e riascoltatevi l’album su Spotify, invece di importunare il prossimo con le vostre orrende riprese.
Esiste, dicevo, un posto all’inferno per questi fanatici dell’inutile attimo da cogliere e da immortalare.
Ed è accanto a quello di coloro che, seduti davanti a te, spostano continuamente la testa, da un parte e dall’altra, e costringendo te a spostarla di conseguenza, e così via, in un domino a ondate di teste spostanti dalla seconda fila fino all’ultima.
E comunque, amo il teatro.